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Friday, February 27, 2009

Live! (id., 2007)di Bill Guttentag

POSTATO SU
Destinato ad avere un po' di risonanza in Italia poichè il tema è all'ordine del giorno Live! è un film del 2007 che ancora non è uscito negli Stati Uniti.
Al centro ci sono i reality e anzi il film racconta proprio la genesi di un reality show dall'interno del meccanismo, dal punto di vista cioè del network, per capirne i meccanismi e metterne in scena la logica spietata. E già in questo prende una posizione, condizionando l'intera fruizione del film che si rivela irrimediabilmente a tesi.

Certo poi è molto facile posizionarsi rispetto alla trama, il reality cui si vuole dar vita è dei più estremi possibili: 6 concorrenti si sfidano alla roulette russa, chi non muore vince 5 milioni di dollari.
Un paradosso che viene portato indubbiamente bene sullo schermo da Bill Guttentag che segue la sua protagonista dall'ideazione alla realizzazione con lo stratagemma del documentario (nella finzione del film le immagini che vediamo sono riprese da una troupe che realizza un documentario sulla nascita di un reality) e lo fa con partecipazione e cercando di insinuarsi nelle pieghe perverse delle logiche commerciali del network non senza una certa ironia.

Ma il film vede il suo picco nel finale, quando lo show dopo tanta pianificazione, tante polemiche e tante difficoltà va in onda e i 6 concorrenti fanno la roulette russa. A quel punto l'idea forte è di cercare una vera empatia e di mostrare il lato onestamente accattivante di qualcosa così macabro.
Mentre per tutto il film abbiamo deprecato il cinismo dell'idea e la stupidità dei concorrenti quando lo show si materializza la tensione è altissima e si comprende come anche nella realtà sarebbe difficile non guardare una cosa simile. Se non altro per capire se si ammazzeranno davvero o meno.

Peccato che oltre questo non ci sia una vera messa in discussione di quella che, nell'ambiente del pubblico cinematografico, è l'idea prevalente cioè la condanna senza remore del reality. E una condanna senza remore è sbagliatissima a prescindere, perchè una categoria non è il suo contenuto.

Friday, December 19, 2008

The Spirit (id., 2008)di Frank Miller

POSTATO SU
Quello che si diceva era vero.
The Spirit conferma che il meglio di Sin City era opera di Frank Miller e il peggio di Rodriguez, perchè il primo film di Miller da regista al 100% è un'opera a tratti delirante (motivo per il quale difficilmente piacerà al grande pubblico) e, scavalcando l'Hulk di Ang Lee, diventa il film che più di tutti porta su schermo il linguaggio dei fumetti. Anzi forse è il primo vero fumetto che si avvale anche di tecniche cinematografiche.

Innanzitutto il montaggio che, senza le transizioni ad effetto di Ang Lee, applica in tutto e per tutto le soluzioni e le logiche fumettistiche, nel senso che non solo si vede che è stato concepito da una persona abituata a pensare per tavole ma soprattutto cerca di tradurre quelle logiche in modo che abbiano senso al cinema.
Allo stesso modo Miller cerca di tradurre il suo stile visivo in modo che abbia senso al cinema (e questo non sempre riesce) in maniera più estesa e permeante di Sin City. Non si tratta solo di colori poco saturi con alcuni elementi dotati invece di colorazioni piatte e fortissime, c'è molto più senso del dramma ed espressionismo nell'uso che se ne fa. E poi c'è molto più gusto per l'estetica pura. Poche volte avrete il piacere in vita vostra di vedere un film così sfacciatamente preso dal suo lato estetico. E che lato estetico! Ogni inquadratura è un vero gioiello milleriano.

The Spirit poi si avvale di uno stile di racconto fortissimo (anche lì si sente che a scrivere c'è una persona che conosce benissimo le logiche e i meccanismi attraverso i quali raccontare una storia), che non teme il grottesco, l'ironico e i toni più assurdi e quasi imbarazzanti, con ampie e dichiarate concessioni anche al fumetto giapponese nonchè un citazionismo folle ed esagerato sia cinematografico che fumettistico che arriva addirittura a citare se stesso in uno stacco di montaggio (quello con il pupazzo del T-Rex in primo piano) preso da Big Fat Kill che neanche io so come ho fatto a ricordami dai fumetti.

La sapienza milleriana poi si apprezza tutta nella maniera incredibile in cui sottilmente prende una trama, un impianto e delle dinamiche tipiche da fumetto anni '30 e le riadatta oggi. Tanti punti del film sono quasi ridicoli per il semplicismo che mettono in scena, ma non c'è reale ingenuità semmai si tratta del suo contrario, di un'altissima sofisticazione che rende presentabili oggi dinamiche vecchissime e molto semplici. Certo, forse non sempre questa scelta paga, ma il fascino e l'abilità sono indubbie.
Fascino soprattutto di quest'eroe donnaiolo che spesso vediamo con gli occhi rossi e lucidi (e l'eroe che piange davanti alla natura (in questo caso davanti alla città) e ai propri affetti è un topos della letteratura greca antica che l'autore di 300 non può aver azzeccato per caso) del quale non si capiscono bene le proprietà ma la cui vita e il cui status (nonostante il buonismo poco sopportabile) è altamente invidiabile.

Insomma The Spirit non è un film facile, nel senso che nonostante un livello di piacere immediato dato da una storia ben raccontata e dai toni avvincenti (la vera avventura vecchio stile) ha anche moltissimi altri piani di lettura, spesso procede per associazioni non scontate e dunque, ad un occhio meno attento, può apparire naive. Ma non lo è.