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Thursday, May 5, 2011

Come parlare in rete

Un po' tutti hanno provato a fare dei talk show per la rete, è un genere che da subito ha stimolato la fantasia di chi voleva o era costretto a pensare audiovisivo per internet. Eppure, nonostante questo, raramente la conversazione da studio ha funzionato, l'idea di sentire due persone parlare in maniera spontanea per un tempo inferiore ai 10 minuti sembrava non trovare una dimensione o un pubblico.
Il problema principale era il più prevedibile, ovvero che la rete non era un luogo appetibile per grandi star e un talk con sconosciuti non regge bene. E anche quando l'appeal della rete per le star (si parla sempre di Stati Uniti) è aumentato, ancor mancavano dei padroni di casa di livello, intervistatori in grado di attirare grandi nomi. Detto in parole povere i ragazzi che realizzano serie per la rete in maniera autonoma non potevano invitare una celebrity né potevano contare sulla compresenza nella medesima città.

Insomma il talk show è un format che non è proibito alla rete ma che necessita di determinate condizioni per prendere quota. Nomi di richiamo e una location comoda per le star. Cose già vere per la televisione, alle quali internet pone un'ulteriore condizione: l'obbligo ad una leggerezza dei contenuti che non sia l'ironia di Leno o Letterman. Quello che solitamente si intende per leggerezza nei talk show infatti è un modo per far passare contenuti più seri, mentre in rete serve un'idea di comicità avvincente e sufficientemente demenziale per stimolare il click sul pulsante play di un video centrato su due persone che parlano.
È una questione di attenzione, l'attenzione necessaria a seguire una conversazione su temi seri (per quanto trattata ironicamente) e una sequenza di battute. Ad oggi in rete solo la seconda genera views.

Thursday, April 7, 2011

31: The Series

In lode della brevità sono stati battuti milioni di tasti, postati milioni di post e tweettati milioni di tweet, almeno da quando la rete ha cominciato ad essere un luogo visitato e riempito di contenuti ad un livello tale che l'attenzione è diventata la risorsa principale da spartirsi. Così il mantra "less is more" è diventata un'esigenza e al pari del testo anche il video, online, ha subito una fisiologica (e sana) contrazione. Le produzioni per internet da sempre vincono con la brevità, 4-5, massimo 8 minuti, 10 se proprio il contenuto è fenomenale. L.C. Cruell ha esagerato. E ha fatto bene.

Raccontare una storia in episodi dalla durata di 31 secondi è infatti il format alla base di 31: The series, la serie scritta, prodotta e diretta da Cruell. Episodi non autoconclusivi e non a sfondo comico (almeno per ora) messi online ogni giorno. L'esperimento è appena iniziato, solo 7 giorni e quindi 7 episodi, ma per quanto è dato vedere fino ad ora le idee non mancano.
31: The series non spezzetta in piccole parti una storia grande, già scritta e girata, non ricicla in bocconi minuti qualcosa concepito per essere grande, ma idea briciole di narrazione che unite formino un grande disegno. Ogni episodio ha una struttura compiuta nonostante la durata esigua e si chiude con un cliffhanger. Certo, data la brevità il colpo di scena o il gancio che spingono alla visione dell'episodio successivo non possono essere ogni volta clamorosi, ma il modo in cui Cruell parte da una situazione misteriosa (una ragazza si risveglia chiusa in una cassa) in cui ogni elemento nuovo può costituire un indizio e utilizza questi come gancio ha del magistrale. L'idea del rimando infinito e della continua frustrazione davanti ad un lentissimo svelarsi delle cose sembra, in piccolo, quella che ha decretato il successo di Lost, ma se lì per ogni indizio arrivavano due nuovi misteri, qui, iniziando con una totale assenza di elementi per immaginare la storia, ogni indizio apre un numero sempre maggiore di possibili sviluppi.

Friday, April 1, 2011

Travel Companions e L'altra vincono all'LAWEBFEST

Certo un festival di serie per la rete sembra una contraddizione in termini, almeno quanto lo potrebbe essere un festival di film per il cinema fatto solo online. Ad ogni modo qualsiasi occasione è buona per la promozione, la veicolazione e la nobilitazione delle produzione pensate, girate e distribuite unicamente online.
Il fine non è tanto mostrare (perché tutto è già disponibile online) quanto far incontrare, partecipare e fare comunità dal vivo. Questi eventi più che festival sono manifestazioni, un modo per contarsi e fare massa tangibile per dimostrare la propria esistenza a chi non la (ri)conosce.

Ecco perché l'ottimo risultato di entrambe le webserie italiane selezionate al Los Angeles Web Series Festival è un segnale migliore di qualsiasi possibile premio o premietto.
In questa sede si era già parlato molto bene di entrambe, sia di L'Altra - Martina Dego, che di Travel Companions (di questa si era anche annunciata la partecipazione al festival, mentre per L'Altra all'epoca dell'articolo ancora non erano note le serie selezionate dal comitato losangelino). Prodotti, come si è visto, in grado di distinguersi non solo nel povero panorama italiano ma anche in quello mondiale.
Travel Companions infatti è stata nominata Miglior serie in lingua straniera mentre L'Altra ha avuto una menzione (assieme ad altre serie, il sistema di premiazione non è chiarissimo purtroppo) per la Miglior attrice protagonista in una serie drammatica.
Entrambe infine sono entrate nel novero delle 9 migliori serie (sulle moltissime presenti) che dal festival della città degli angeli saranno portate anche alla prima edizione di un evento speculare tenuto in Europa, il Marseille Web Series Festival (il tutto comunicato unicamente con una nota Facebook)

Thursday, March 10, 2011

Sheen's Korner

Un milione e passa di visualizzazioni di cui 660mila generate live, in un'ora di streaming e con zero marketing (o almeno zero marketing diretto). Il passaggio forzato di Charlie Sheen dalla televisione alla rete ha causato un ampio spostamento di banda, click, pupille e link, ha coinvolto diversi social network (Twitter e Ustream direttamente, tutti gli altri indirettamente). Forse per questo, o forse perché è così bello da dire e scrivere, l'evento è stato bollato come la dimostrazione che la rete oggi è più forte della televisione. Cosa purtroppo non vera.

Charlie Sheen, figlio di Martin Sheen, noto per aver accumulato poche partecipazioni cinematografiche, rilevanti quasi solo nella prima parte della sua carriera, e molte partecipazioni televisive, specie negli ultimi anni con Due uomini e mezzo (uno degli show più seguiti e di successo della televisione americana), è anche famoso per i suoi abusi di droghe, alcol e festini.
Una settimana fa succede l'irreparabile (sebbene atteso) screzio nei confronti della produzione della serie. Un'intervista con delle parole di troppo, che evidentemente non erano nemmeno le prime, e il licenziamento.
A poco più di 24 ore dall'evento Charlie Sheen apre un account Twitter che, fomentato dalle notizie in materia, raggiunge il milione e passa di iscritti in pochissimo tempo, apre un account UStream e sabato sera comincia la diretta del suo nuovo show autonomo Sheen's Korner, come lo speaker's corner. Come già detto le visualizzazioni sono alle stelle.

Thursday, March 3, 2011

The Immoral Dr. Dicquer e Self Centered

La fantascienza. Il genere geek per eccellenza. Poche serie per la rete di carattere fantascientifico si sono rivelate davvero interessanti, poche hanno osato qualcosa e ancor meno hanno saputo farlo bene.
Ora due webserie arrivate in rete negli ultimi mesi si sono imposte per stranezza e dedizione nei confronti del genere, una americana e una britannica. La prima è The Immoral Dr. Dicquer, un viaggio molto allucinato, realizzato quasi tutto in post produzione dove soluzioni e idee visive, quanto meno realistiche e plausibili è possibile, creano un ambiente allucinato, un futuro distopico in cui tutto è andato male e che assomiglia al nostro recente passato ("L'anno del signore 1988", recita il cartello). La seconda è Self centered, strano esperimento dalla trama canonica ma dalla narrazione interessante che mescola attori provenienti da contesti più professionali del solito a idee prese dalle serie tv americane, con un amore per il mistero ad oltranza che ne danneggia la fruizione.
Esperimenti estremi (in termini di messa in scena e di racconto) che non a caso si trovano nelle web serie di fantascienza. Da una parte il genere si presta alla decostruzione narrativa, dall'altra l'esigenza di mostrare il futuro o il futuribile con mezzi limitati impone una dedizione ed una fantasia maggiori della media, e da un'altra ancora si tratta del codice espressivo probabilmente meglio padroneggiato dalla tipologia umana che decide di rivolgersi alla rete per le proprie produzioni.

Thursday, February 10, 2011

Panetteria Maiello

Settimana intensa per il mondo della pubblicità in rete. Come ogni anno il Super Bowl ha tentato di monopolizzare gli occhi e le attenzioni sui propri contenuti pubblicitari. Spazi strapagati che vengono di conseguenza anche strapompati e che cercano di unire più media per massimizzare l'attenzione. Dall'altra parte è arrivata stabilmente online (siamo al quarto episodio in un mese) Panetteria Maiello, una webserie-spot di Vodafone con Luca e Paolo, simbolo di una crescita del pubblico per contenuti video in Italia.
Anche quest'anno per il Super Bowl YouTube ha rinnovato Ad Blitz, è il quarto di fila, iniziativa intrapresa dal grande aggregatore di concerto con le principali aziende inserzioniste, mirata a prolungare la gestione della vita online dei brand a partire dagli spot del Super Bowl. L'idea è quella del contest (un meccanismo già rodato da altre aziende sempre in relazione al Super Bowl), cioè votare i migliori spot tra quelli andati in onda durante la manifestazione (noti per la loro novità, originalità e importanza). Il risultato sperato è per l'appunto continuare ad avere il polso dello sfruttamento e della vita online dei suddetti spot, i quali, volenti o nolenti, continueranno ad essere visti per molto tempo. Nonché aumentare la consapevolezza dell'importanza di un uso responsabile e conscio del video in rete.

Thursday, January 20, 2011

The Trashmaster

The Trashmaster sta al mondo dei machinima come Biancaneve e i Sette Nani sta a quello dell'animazione e Toy Story a quello dell'animazione in CG. L'incredibile sforzo, la riuscita sorprendente e il modo in cui un'opera sola cambia un terreno di gioco, mostrandone il potenziale e allargandone di colpo la base dei fruitori, è assolutamente paragonabile a quel che hanno fatto i due film d'animazione citati. Se poi The Trashmaster sarà anche in grado di dare linfa vitale e potenzialità commerciale al suo genere è ancora da vedersi.
Si tratta di un lungometraggio di 88 minuti, realizzato utilizzando il motore grafico di GTA IV (come tutti i machinima l'autore non ha disegnato né progettato nulla, ha sfruttato ciò che viene messo a disposizione), che racconta la storia noir e metropolitana di un vigilante solitario che fa il netturbino. Nella sua filosofia raccoglie tutta la spazzatura, sia quella dei cassonetti che quella umana.

Thursday, January 13, 2011

Travel Companions

La serie, a metà tra preparazione e improvvisazione, ha al centro due colleghi di lavoro che condividono un'auto e ogni mattina vanno al lavoro insieme. Ferdinando Carcavallo e Luca Napoletano interpretano più o meno se stessi in piccoli sketch finzionali, alle volte anche totalmente surreali, che come si conviene hanno un tono comico e spesso sono talmente brevi da risultare estremamente diretti e sinceri.
Contrariamente a molti prodotti ben più blasonati, pubblicizzati e sbandierati, Travel Companions ha il suo punto di forza in due elementi fondamentali nei prodotti seriali: recitazione e scrittura. Con il minimo della messa in scena (sempre più una caratteristica determinante delle serie per la rete), un'inquadratura fissa sempre uguale, uno scenario immutabile e pochissime apparizioni di personaggi che non siano i due protagonisti, la serie si presenta povera ma è decisamente più raffinata di quel che sembri. Il misto di sceneggiatura, canovaccio e improvvisazione, il modo in cui in pochi minuti (spesso meno di due) si riesce a fare un piccolo racconto (grottesco o non) sono caratteristiche da cinema e pur proibendosi molti artifici di linguaggio filmico per la fissità della scena, Travel Companions è un prodotto più sensato di quel che possa sembrare a prima vista.

Thursday, December 2, 2010

Stay-at-home-dad


Chi segue e guarda costantemente cosa si produca in rete e per la rete non può fare a meno di notare come questo tipo di racconti sappiano parlare del presente. Questa è la missione che in genere si pone il cinema in quanto forma di racconto principale (per importanza e influenza) della contemporaneità. Come si possa capire e mostrare ciò che sta accadendo nel (quasi) tempo reale che richiede girare, montare e distribuire un film è l'impresa che gran parte dell'industria del cinema (italiana come americana) insegue, riuscendoci solo parzialmente e non sempre tempestivamente o correttamente.
La televisione di contro, nonostante l'emergere e il continuo crescere della popolarità e della qualità dei suoi prodotti seriali, non sembra essere interessata a questo, racconta storie fantastiche o molto contingenti, senza però cercare di ancorarle ad un momento storico. In linea di massima potrebbero accadere in qualsiasi posto e in qualsiasi tempo.
Solo le webserie dimostrano sempre di più di avere un attaccamento alla realtà più forte di qualsiasi altro tipo di racconto audiovisuale. Questo perché da una parte sono facilitate dalla rapidità produttiva, dall'altra sono realizzate da persone che vivono la condizione dominante, cioè le cosiddette "persone comuni".

Ecco perchè probabilmente le serie che raccontano, con più o meno dedizione, della nuova situazione dell'America contemporanea aumentano di mese in mese.

Thursday, November 25, 2010

Ad un pelo dalla Victoria

In 3 anni di diffusione di massa italiana per Facebook abbiamo capito che il social network di Zuckerberg, a differenza dei competitor e di quelli che sono venuti prima, è un piccolo Internet a sé, una replica in scala delle possibilità e delle idee che animano la Rete, facilmente accessibile per chiunque in un unico luogo. Facebook ha ridotto l'esperienza Internet al suo minimo comun denominatore, e così ne ha allargato il pubblico. Normale quindi che toccasse anche al mondo delle webserie, cioè della serialità audiovisiva a mezzo web, trovare una sua miniaturizzazione per l'universo ristretto (solo rispetto alla totalità della rete) di Zuckerberg. E in questo senso, una volta tanto, uno degli esperimenti più interessanti in materia proviene dal nostro paese.

Si tratta di Ad un pelo dalla Victoria, una webserie tratta dal format che negli ultimi anni Crodino ha applicato per le sue pubblicità (Victoria Cabello e un gorilla che fanno vita di coppia) e diretta dal pubblicitario Erminio Perocco. Un episodio al giorno circa, ognuno lungo tra i 2 e i 3 minuti circa, ognuno a sé stante sebbene inserito in una trama più grande (la sorella di Victoria, interpretata da Vittoria Belvedere, si sposa e questa è l'occasione per il gorilla romano verace di conoscere i suoi parenti ricchi e snob).

Thursday, October 21, 2010

The Break-Ups

Ted Tremper, autore del progetto Break-Ups (e attore nel primo episodio), ha avuto l'idea di riprendere con un certo stile compositivo e cromatico delle separazioni. Una coppia, finora solo di ragazzi, che si sta lasciando, sta interrompendo il proprio rapporto sentimentale, per un qualsiasi motivo. Le cose avvengono in maniera seria, drammatica, giocosa, divertente o anche grottesca, il tono non è assolutamente sempre lo stesso. A rimanere costante è l'idea di un video molto breve che di tutto il processo di separazione, per l'appunto il break-up, colga l'essenza, il dialogo (quasi sempre in tempo reale, cioè con pochissimo montaggio) o l'interazione determinante.
Forse non era sua intenzione ma il progetto, così come arriva e viene colto nel flusso casuale dell'informazione in rete, è il contraltare perfetto al proliferare dei siti di dating e della felicità promessa anche a mezzo webserie. Solo storie fallite, solo amori impossibili o giunti al capolinea.

Tutti questi vincoli potrebbero far pensare ad un risultato mediocre ma la qualità media è invece sorprendente. Non solo le immagini sono molto curate e pensate in modo da introdurre il mood e il sentimento di quel particolare episodio, ma anche l'improvvisazione, si vede, è frutto di diverse prove per quanto fila liscia. Creare emapatia, costruire un conflitto e far intuire il background di una storia, in modo che il percorso drammaturgico si compia e si sciolga nelle lacrime in così poco non è da tutti.

Friday, October 8, 2010

Status: Kill

In curiosa concomitanza con l'uscita cinematografica di The Social Network, la settimana scorsa è stato caricato l'episodio finale di Status: Kill, l'ultimo prodotto di Jesse Cowell, uno dei migliori talenti nel mondo della produzione video in rete. Cowell è un cineasta della rete, non guarda ai modelli televisivi, non batte il percorso della videoarte, né tenta di fondere tecnologia e narrazione, i suoi prodotti (al momento i più grossi sono tre) utilizzano le strategie di racconto cinematografico per mettere online storie che parlino ad un pubblico diverso e che soprattutto riescano a generare reddito. Cowell non è un artista folle ma un acuto e intellettuale narratore di storie che utilizza la rete. Dopo Shades Of Gray e Drawn by Pain, Status: Kill è un ritorno ai toni più leggeri, ma non meno sagaci, che avevano segnato il suo esordio.

Thursday, September 23, 2010

Dove vanno a morire i videoclip?

Da quando esiste il video la videomusica ha subito un lungo processo di ridefinizione (film musicale, diretta televisiva e infine videoclip) che negli anni '90 e primi 2000, cioè nel periodo di massimo successo dei canali tematici musicali, ha toccato punte altissime di congiunzione tra esigenze di promozione commerciale e videoarte. Poi è arrivato YouTube e il videosharing, la nuova terra di conquista per tutte le forme di video brevi e promozionali (trailer, teaser e pubblicità ne sanno qualcosa), così anche la videomusica ha cominciato gradualmente a spostarsi dai canali musicali (ormai sostanzialmente "canali giovanili") ai canali di YouTube, e l'ha fatto talmente bene che come è noto i videoclip o le performance live sono il contenuto più importante del grande aggregatore.

Adesso progetti decisamente più audaci ed estremi, come quelli messi a segno nelle ultime settimane dagli Arcade Fire prima e dagli Weezer poi, sembrano preannunciare, con la loro esigenza di grandezza e la complessità della realizzazione, la fine di un certo modo di intendere la videomusica.

Thursday, July 22, 2010

Old Spice


Nella settimana passata (più precisamente il 14 e 15 luglio) quella parte di rete che gira intorno al video e a YouTube è stata squassata da una campagna di video virali senza precedenti, un esperimento di conversazione quasi in tempo reale tra gli utenti e i produttori, all'insegna dell'umorismo e del marketing. Ma promozione a parte, la maniera in cui il team dell'agenzia di marketing Wieden + Kennedy ha interagito con gli utenti, facendo confluire i messaggi e gli stimoli da diverse piattaforme e rimettendoli in circolo a partire dai video del proprio canale ha avuto dell'incredibile. Uno sforzo senza precedenti che ha portato a 87 video cortissimi (durata media 30 secondi) prodotti in 11 ore di lavoro continuato, e che è proseguito anche il giorno dopo fino ad arrivare a circa 180 video in 24 ore totali, tutto costantemente facendo riferimento alle domande e alle curiosità che venivano dalla rete.

Thursday, July 15, 2010

VidCon 2010

Si è tenuto lo scorso weekend nel distretto di Century City a Los Angeles il VidCon 2010. Una tre giorni di conferenze, discussioni, spettacolini e riunioni intorno al video in rete. Sembra strano dirlo ma è la prima manifestazione di questo tipo, cioè la prima a cui fossero presenti più di 1.400 videoblogger, tra i quali naturalmente non mancavano i più importanti, noti ed influenti nomi di YouTube. L'evento è stato completamente sold-out, le cronache dei diversi giornali che l'hanno coperto (specie la stampa locale di Los Angeles) parlano di una folla che ha riempito tutti i luoghi e soprattutto di un pubblico tra i 18 e i 25 anni, il cui grosso era decisamente tra gli under 21, molti accompagnati dai genitori.

Nonostante siano parecchi gli eventi sul genere, gli Streamys in primis, il VidCon merita un discorso a parte per come è riuscito a mettere in evidenza alcune caratteristiche del rapporto che la rete (video) ha con gli utenti. Si è trattato innanzitutto di un evento molto centrato su YouTube, la cultura da YouTube e quel tipo di vlogger, cioè non tanto focalizzato sui produttori di webserie (quelle sono più da Streamys per l'appunto) quanto sugli one man show, i musicisti da internet e gli intrattenitori. A parlare e a guardare c'erano soprattutto quelle persone che hanno messo se stessi davanti alla videocamera.
Su tutti ha stupito l'annuncio di Dan Brown (non quello di Il Codice Da Vinci ma il vlogger noto come Pogobat) che in collaborazione con Revision3 a partire dal 2 agosto darà vita a Dan 3.0, esperimento nel quale postando un video ogni giorno Dan si impegnerà a fare quello che gli utenti gli dicono di fare, come in un I.Channel dal vero. Non è vita rappresentata come Justin.tv ma un altro scarto che dà una certa responsabilità a chi guarda, senza illuderlo di essere parte reale della scrittura dei contenuti.

Thursday, July 8, 2010

Gemme della rete italiana

In un anno è cambiato tutto. Se non tutto, si può dire molto. La rete italiana e soprattutto la parte attiva della condivisione video ha cominciato ad essere formata finalmente da persone vere. Non dai geek, non dai tecnofili né dai 30-40enni, ma da ragazzi tra i 15 e i 25 anni che utilizzano il video come mezzo espressivo.
Con un ritardo infinito rispetto al luogo più evoluto del video in rete, gli Stati Uniti, negli ultimi 12 mesi la parte italiana di YouTube ha cominciato a popolarsi di video confessioni, video messaggi, video produzioni e quant'altro, l'embrione di una produzione più seria. YouTube italiano ha cominciato a diventare un luogo in cui si producono cose, in cui si discute di quelle cose, in cui ci si insulta (molto) e in cui si sperimenta quello che si può fare. Diventa insomma a modo suo l'equivalente più popolare, guitto e spesso volgare, della prima ondata di blog. Qualcosa che aumenta la partecipazione degli utenti al mondo del video, che aumenta la consapevolezza di chi guarda di ciò che si fa in rete e che in ultima analisi ci rende tutti più partecipi di questo mezzo, potenzialmente portando ad un tipo di produzione più narrativa.

Thursday, June 17, 2010

Cadaveri eccellenti

Una delle chimere e delle stupidaggini maggiori che circolano in rete, fomentate da coloro che di rete sanno molto poco, è che si possa fare un film o una serie o un prodotto artistico qualsiasi dal basso, cioè utilizzando la creatività degli utenti. La cosa non è mai davvero riuscita nonostante infiniti tentativi e gli unici casi in cui si è giunti a qualcosa di interessante sono stati quelli in cui gli utenti venivano coinvolti come collaboratori, i cui contributi erano poi organizzati e gestiti da un'intelligenza creativa unica, la medesima che dà vita all'opera. Come il caso di I.Channel o forse sarà l'esperimento di The Office e del suo fanisode, un episodio già andato in onda che viene riscritto dagli utenti affidando ad ognuno 10 secondi.
Negli ultimi due anni però sta prendendo vita una tendenza che, lungi dal coinvolgere nel processo creativo gli utenti, cerca di sfruttare le potenzialità che ha la rete di fomentare l'interazione tra individui sconosciuti per fare qualcosa di diverso ed interessante. Si tratta dei cadaveri eccellenti, un gioco che diventa forma d'arte e che era nato in Francia come forma di svago tra artisti, molto amato dai surrealisti.

Saturday, June 12, 2010

In rete tutto è mumblecore

La settimana trascorsa ha visto l'uscita in sala di Humpday - Un mercoledì da sballo (la parte italiana del titolo è il primo dazio che pagano i film stranieri meno noti all'arrivo nel nostro paese), il primo film mumblecore ad arrivare in Italia. Sarà difficile per il nostro pubblico comprendere quanto questo film sia in linea con un movimento e delle novità che stanno investendo l'audiovisivo più in generale visto il doppiaggio affidato a Lillo e Greg (il secondo dazio che film interessanti e di poco richiamo devono pagare una volta passata la frontiera), eppure è così.

Mumblecore è il nome sotto il quale rientra un certo tipo di cinema indipendente americano sviluppatosi all'incirca dal 2005 in poi (anche se i primi film di questo tipo si sono visti già nel 2002) attorno a festival come il South by Southwest o il Sundance. Si tratta di film nei quali l'azione è sostituita dal dialogo, si parla molto, da cui il gioco di parole con "mumble", e si agisce poco, come capita in molti film europei ma come è raro nel cinema statunitense. Si tratta di opere a budget basso anche per essere indipendenti, girati in un digitale non ritoccato e con un piglio realista molto marcato. I soggetti non sono mai di genere ma sempre attaccati alla realtà di un frammento di popolazione solitamente tra i 25 e i 35 anni. Ricorda qualcosa?

Thursday, May 27, 2010

Google Tv - Paradiso o inferno del webvideo?


L'annuncio della Google TV arriva come momentaneo apice di una tendenza da tempo prevista, anticipata e quindi concausata dai produttori di contenuti. Il fatto che parte dell'industria televisiva e cinematografica e parte dell'industria che si impegna a produrre per la rete vadano nella stessa direzione, mescolando fondi, produzioni e professionalità, disegna un percorso di ibridazione che, con l'arrivo dei televisori connessi e "attivi" sulla rete come quelli che promette il progetto Google/Sony/Logitech, si compie pienamente.
La Google TV non è il primo esempio di progetto su questa scia (tanto hanno fatto altre società senza raggiungere davvero il consenso del pubblico) ma probabilmente si tratta del più importante per eco, risonanza ed apertura alle idee degli sviluppatori (che sono sempre le più devastanti in termini di impatto). Gli altri che avevano tentato di portare internet nel televisore hanno parzialmente fallito proprio là dove Google (o in caso di suo fallimento il prossimo grande player che si misurerà in questo campo) può avere il suo punto di forza: nei contenuti.

Friday, April 23, 2010

Streamys 2010

Che peccato! Arrivati solo alla seconda edizione, ma vivendo un momento cruciale della propria diffusione presso il grande pubblico, gli Streamys (i premi per le webserie) potevano fare un scelta audace e interessante, premiando i prodotti più innovativi e curiosi della rete mentre hanno deciso, ottemperando al preconcetto che abbiamo per tutto ciò che gli americani gestiscono industrialmente, di premiare i migliori tra i prodotti ad alto budget. E prodotti ad alto budget, nel mondo delle webserie, significa serie ospitate da grossi siti di distribuzione.

Nonostante questo di colpi di scena ce ne sono stati comunque. L’assopigliatutto della serata presentata dal comico Paul Scheer all’Orpheum Theatre di Los Angeles (e visibile solo in streaming) è stato infatti The Bannen Way, serie ospitata (e cofinanziata da Crackle.com), che grazie ad uno screenening in anticipo sull’effettiva distribuzione in rete è riuscita a rispettare la tempistica per iscriversi ai premi. Da serie qualificata per il rotto della cuffia a vincitore a mani basse con 4 Streamy (Miglior serie drammatica, Miglior montaggio, Miglior attore protagonista per una serie drammatica e Miglior regia per una serie drammatica), per un prodotto estremamente raffinato e giocato, cosa inusuale per una webserie, su toni estremamenti oscuri e noir. Si racconta infatti di truffe e truffatori in un mondo di malavita ed ingenti debiti da saldare.