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Thursday, May 5, 2011

Come parlare in rete

Un po' tutti hanno provato a fare dei talk show per la rete, è un genere che da subito ha stimolato la fantasia di chi voleva o era costretto a pensare audiovisivo per internet. Eppure, nonostante questo, raramente la conversazione da studio ha funzionato, l'idea di sentire due persone parlare in maniera spontanea per un tempo inferiore ai 10 minuti sembrava non trovare una dimensione o un pubblico.
Il problema principale era il più prevedibile, ovvero che la rete non era un luogo appetibile per grandi star e un talk con sconosciuti non regge bene. E anche quando l'appeal della rete per le star (si parla sempre di Stati Uniti) è aumentato, ancor mancavano dei padroni di casa di livello, intervistatori in grado di attirare grandi nomi. Detto in parole povere i ragazzi che realizzano serie per la rete in maniera autonoma non potevano invitare una celebrity né potevano contare sulla compresenza nella medesima città.

Insomma il talk show è un format che non è proibito alla rete ma che necessita di determinate condizioni per prendere quota. Nomi di richiamo e una location comoda per le star. Cose già vere per la televisione, alle quali internet pone un'ulteriore condizione: l'obbligo ad una leggerezza dei contenuti che non sia l'ironia di Leno o Letterman. Quello che solitamente si intende per leggerezza nei talk show infatti è un modo per far passare contenuti più seri, mentre in rete serve un'idea di comicità avvincente e sufficientemente demenziale per stimolare il click sul pulsante play di un video centrato su due persone che parlano.
È una questione di attenzione, l'attenzione necessaria a seguire una conversazione su temi seri (per quanto trattata ironicamente) e una sequenza di battute. Ad oggi in rete solo la seconda genera views.

Thursday, April 28, 2011

Freaks!

L'annata 2010/2011 si sta rivelando foriera di novità finalmente interessanti per il panorama del video in rete italiano. Dopo qualche anno in cui abbiamo visto esperimenti non sempre riusciti e più che altro ricalcati su modelli televisivi, ecco arrivare nell'ordine Il corso di Cazzotti del dr. Johnson, Travel Companions e L'Altra - Martina Dego a spianare una via italiana al linguaggio audiovisuale per la rete e dare respiro ad un panorama che sembrava schiacciato da sole produzioni anglofone.
Adesso a culmine di questo percorso sembra giungere Freaks!, webserie tutta romana che riunisce i tenutari di alcuni dei canali con il maggior numero di iscrizioni di YouTube in un'impresa dalle dimensioni impensabili, dai costi ridicoli e dalla riuscita sorprendente.
Matteo Bruno, Claudio di Biagio, Guglielmo Scilla e Giampaolo Speziale, rispettivamente Canesecco, NonApriteQuestoTubo, Willwoosh e il cantante degli About Wayne sono gli ideatori e animatori di un progetto che vede Matteo Bruno alla regia e montaggio e gli altri nel ruolo di attori (assieme a Ilaria Giachi e Claudia CicciaSan Genolini). Il tutto scritto da Guglielmo Scilla con Claudio di Biagio e musicato dagli About Wayne. Credits intrecciati che non danno conto di come poi tutti quanti prendano parte creativamente al progetto, in una logica collaborativa che ha poco a che vedere con le produzioni più professionali ed è molto più simile ai progetti nati in rete.
Il risultato è a dir poco fenomenale.

Thursday, April 21, 2011

Tronix County

Si è parlato molte vole di come online i racconti, le serie e più in generale la narrazione audiovisuale sembri poter avere senso solo se a sfondo comico. La risata sembra per il momento essere l'unica arma per agganciare lo spettatore distratto che vaga in rete. Dunque tra le ondate di gattini che suonano il pianoforte e bambini che ridono, si fanno strada una moltitudine di serie che puntano sullo humour, molto spesso senza averlo.
Fortunatamente comicità non significa solo gag, nei casi migliori uno svolgimento umoristico è il lascia passare per racconti che cercano anche di fare un altro lavoro, mostrare qualcosa e parlare di un piccolo microverso.

Caso più unico che raro è Tronix County, webserie approdata da poco in rete ad opera di Milkman Max (un nome, un programma). Nei tre episodi che fino ad ora hanno visto la luce del canale YouTube, si racconta di tre amici in un paesino sperduto, Tronix, e della vita senza senso (ma piena di violenza) che conducono.
Il genere è tra i più abusati, quello dei "roommates", gli amici che condividono qualcosa, solitamente una casa, che sono diversi fra loro, molto legati e che proprio per le loro differenze si trovano coinvolti in situazioni comiche. Tronix County però si basa in maniera molto libera su questo genere e quasi da subito si prende delle licenze per disegnare un mondo davvero grottesco.

Thursday, April 14, 2011

Mortal Kombat: Legacy

Una major è una major, può cambiare pelle ma non cambierà abitudini. Warner Bros. sembrava incanalata con le migliori intenzioni nel mondo della produzione per la rete quando, al pari di altri studi cinematografici suoi simili, aveva annunciato che la divisione TheWb.com si sarebbe occupata di produrre e gestire la distribuzione dei prodotti pensati per la rete. Oggi l'uscita del primo episodio di Mortal Kombat: Legacy fa però pensare tutto il contrario.
La storia della genesi della webserie era delle più virtuose, da internet. Quasi un anno fa cominciò a girare in rete quello che all'epoca fu scambiato per il trailer ufficiale di Mortal Kombat: Rebirth, un nuovo film basato su Mortal Kombat. Si trattava in realtà di un test, un trailer per un film che non esisteva, realizzato da Kevin Tancharoen il quale, in totale indipendenza aveva girato e montato delle sequenze a forma di trailer, per dimostrare di essere in grado di girare un film su Mortal Kombat che fosse migliore di quelli che la stessa Warner (con la sua sottoetichetta New Line) aveva prodotto. Il vero obiettivo dell'operazione ovviamente era Warner stessa, la quale, interessata dalle immagini e dal movimento causato in rete dal finto trailer in questione ha contattato Tancharoen.
A gennaio di quest'anno esce un aggiornamento, un teaser per una webserie su Mortal Kombat. Warner ha infatti deciso di non farne un film ma una serie per la rete, idea nobile in sé, e anche considerando che una delle motivazioni che avevano spinto la dirigenza all'azione era stato il buzz creato online.

Thursday, April 7, 2011

31: The Series

In lode della brevità sono stati battuti milioni di tasti, postati milioni di post e tweettati milioni di tweet, almeno da quando la rete ha cominciato ad essere un luogo visitato e riempito di contenuti ad un livello tale che l'attenzione è diventata la risorsa principale da spartirsi. Così il mantra "less is more" è diventata un'esigenza e al pari del testo anche il video, online, ha subito una fisiologica (e sana) contrazione. Le produzioni per internet da sempre vincono con la brevità, 4-5, massimo 8 minuti, 10 se proprio il contenuto è fenomenale. L.C. Cruell ha esagerato. E ha fatto bene.

Raccontare una storia in episodi dalla durata di 31 secondi è infatti il format alla base di 31: The series, la serie scritta, prodotta e diretta da Cruell. Episodi non autoconclusivi e non a sfondo comico (almeno per ora) messi online ogni giorno. L'esperimento è appena iniziato, solo 7 giorni e quindi 7 episodi, ma per quanto è dato vedere fino ad ora le idee non mancano.
31: The series non spezzetta in piccole parti una storia grande, già scritta e girata, non ricicla in bocconi minuti qualcosa concepito per essere grande, ma idea briciole di narrazione che unite formino un grande disegno. Ogni episodio ha una struttura compiuta nonostante la durata esigua e si chiude con un cliffhanger. Certo, data la brevità il colpo di scena o il gancio che spingono alla visione dell'episodio successivo non possono essere ogni volta clamorosi, ma il modo in cui Cruell parte da una situazione misteriosa (una ragazza si risveglia chiusa in una cassa) in cui ogni elemento nuovo può costituire un indizio e utilizza questi come gancio ha del magistrale. L'idea del rimando infinito e della continua frustrazione davanti ad un lentissimo svelarsi delle cose sembra, in piccolo, quella che ha decretato il successo di Lost, ma se lì per ogni indizio arrivavano due nuovi misteri, qui, iniziando con una totale assenza di elementi per immaginare la storia, ogni indizio apre un numero sempre maggiore di possibili sviluppi.

Friday, April 1, 2011

Travel Companions e L'altra vincono all'LAWEBFEST

Certo un festival di serie per la rete sembra una contraddizione in termini, almeno quanto lo potrebbe essere un festival di film per il cinema fatto solo online. Ad ogni modo qualsiasi occasione è buona per la promozione, la veicolazione e la nobilitazione delle produzione pensate, girate e distribuite unicamente online.
Il fine non è tanto mostrare (perché tutto è già disponibile online) quanto far incontrare, partecipare e fare comunità dal vivo. Questi eventi più che festival sono manifestazioni, un modo per contarsi e fare massa tangibile per dimostrare la propria esistenza a chi non la (ri)conosce.

Ecco perché l'ottimo risultato di entrambe le webserie italiane selezionate al Los Angeles Web Series Festival è un segnale migliore di qualsiasi possibile premio o premietto.
In questa sede si era già parlato molto bene di entrambe, sia di L'Altra - Martina Dego, che di Travel Companions (di questa si era anche annunciata la partecipazione al festival, mentre per L'Altra all'epoca dell'articolo ancora non erano note le serie selezionate dal comitato losangelino). Prodotti, come si è visto, in grado di distinguersi non solo nel povero panorama italiano ma anche in quello mondiale.
Travel Companions infatti è stata nominata Miglior serie in lingua straniera mentre L'Altra ha avuto una menzione (assieme ad altre serie, il sistema di premiazione non è chiarissimo purtroppo) per la Miglior attrice protagonista in una serie drammatica.
Entrambe infine sono entrate nel novero delle 9 migliori serie (sulle moltissime presenti) che dal festival della città degli angeli saranno portate anche alla prima edizione di un evento speculare tenuto in Europa, il Marseille Web Series Festival (il tutto comunicato unicamente con una nota Facebook)

Friday, March 18, 2011

Videogame reunion

Una fantasia da sempre molto fertile è quella della rottura della barriera tra mezzo di comunicazione e fruitore. Lo spettatore che entra nello schermo e quindi nel film, o il personaggio del film che ne esce fuori (La rosa purpurea del Cairo e Last Action Hero solo negli ultimi 25 anni ne sono stati esempio), il lettore catapultato nel fumetto e poi di nuovo fuori (il videoclip di Take On Me) o nel libro (La storia infinita) e via dicendo. Entrare fisicamente nell'opera di cui si fruisce o farne fuoriuscire i personaggi, passando da realtà a fantasia e viceversa, è il simbolo più evidente di un mutato rapporto di confidenza e simbiosi con i contenuti.

Così non stupisce che solo poco tempo dopo che esistano le serie per la Rete, luoghi in cui si possono girare storie e idee senza doverle necessariamente far approvare a qualcuno, già un'opera come Legend Of Neil esplorava l'idea di un videogiocatore che penetra nel mondo con cui sta giocando. Adesso VideoGame Reunion esplora il contrario, ovvero i personaggi dei videogiochi nel mondo reale.

Thursday, March 3, 2011

The Immoral Dr. Dicquer e Self Centered

La fantascienza. Il genere geek per eccellenza. Poche serie per la rete di carattere fantascientifico si sono rivelate davvero interessanti, poche hanno osato qualcosa e ancor meno hanno saputo farlo bene.
Ora due webserie arrivate in rete negli ultimi mesi si sono imposte per stranezza e dedizione nei confronti del genere, una americana e una britannica. La prima è The Immoral Dr. Dicquer, un viaggio molto allucinato, realizzato quasi tutto in post produzione dove soluzioni e idee visive, quanto meno realistiche e plausibili è possibile, creano un ambiente allucinato, un futuro distopico in cui tutto è andato male e che assomiglia al nostro recente passato ("L'anno del signore 1988", recita il cartello). La seconda è Self centered, strano esperimento dalla trama canonica ma dalla narrazione interessante che mescola attori provenienti da contesti più professionali del solito a idee prese dalle serie tv americane, con un amore per il mistero ad oltranza che ne danneggia la fruizione.
Esperimenti estremi (in termini di messa in scena e di racconto) che non a caso si trovano nelle web serie di fantascienza. Da una parte il genere si presta alla decostruzione narrativa, dall'altra l'esigenza di mostrare il futuro o il futuribile con mezzi limitati impone una dedizione ed una fantasia maggiori della media, e da un'altra ancora si tratta del codice espressivo probabilmente meglio padroneggiato dalla tipologia umana che decide di rivolgersi alla rete per le proprie produzioni.

Thursday, February 24, 2011

My Anime Girlfriend

Una delle cose più difficili e contemporaneamente più facili da fare in una webserie è l'animazione. Facile perché disegnare è alla portata di chiunque lo sappia fare, non ha limiti di budget e consente di produrre serie e situazioni di qualsiasi tipo. Difficile perché il processo produttivo che porta ad un'animazione è lungo e laborioso oppure corto e dispendioso. Ed essendo l'economia di mezzi una delle caratteristiche principali delle produzioni per la rete più interessanti e selvagge, se si spende da una parte tocca risparmiare da un'altra, portando a squilibri fastidiosi e controproducenti (a meno di clamorose trovate).
Per questo forse i migliori esperimenti in materia sembrano essere quelli che mischiano animazione e live action, riducendo al minimo indispensabile la prima e contemporaneamente dandole il compito che meglio sa espletare, non tanto disegnare un mondo e gli eventi, quanto dar vita alle cose più improbabili e fantasiose.

È il caso del bellissimo e seminale Drawn By Pain di Jesse Cowell (in cui una ragazza che da bambina ha subito traumi pesanti riesce ad animare i propri disegni e lo fa per scopi violenti da giustiziere/vigilante) ed anche quello di una serie partita da pochissimo, arrivata solo al secondo episodio ma già molto promettente.
My Anime Girlfriend già dal titolo e dalle poche premesse si rifà ad un filone molto florido al cinema, quello delle "ragazze virtuali", le storie in cui uomini mediamente sfortunati con l'altro sesso si creano o si ritrovano per le mani ragazze non di carne, bellissime, che stravedono per loro ma che solitamente col tempo rivelano di avere delle fastidiose controindicazioni. E benché la trama dei primi due episodi ancora non sia arrivata a questo, sembra comunque quella la direzione che prenderà anche My Anime Girlfriend

Thursday, February 17, 2011

Valentine's Day From Hell

Interattività è forse la parola più abusata, svilita e consumata dal marketing dei prodotti tecnologici e per la rete negli ultimi 10 anni. Il suo grado di depauperamento del significato originale è pari forse solo a quello di "multimediale". Molte cose oggi sono effettivamente interattive, nessuna nel senso in cui lo ha inteso per anni il marketing.
Normale quindi che al solo leggere o sentire la suddetta parola venga voglia di mettere mano alla pistola. La serie interattiva Valentine 's Day From Hell è una piacevole eccezione.
Si tratta del più classico colpo all'americana: sfruttare l'interesse e l'aumento di ricerche per un momento, una festa o un trend, inserirlo nel titolo o progettare un prodotto intorno ad esso e infine realizzare qualcosa di ottimo, commercialmente e contenutisticamente.
Come ogni anno infatti il giorno di S.Valentino è stata occasione per la monetizzazione di molte ricerche dell'ultimo minuto e, nello specifico del lavoro per questa rubrica, occasione per passare in rassegna tonnellate di video tematici, quasi tutti umoristici, che hanno colto l'occasione per raggranellare click facili. Nessuno però ha fatto il lavoro di Valentine's Day From Hell.

Thursday, February 10, 2011

Panetteria Maiello

Settimana intensa per il mondo della pubblicità in rete. Come ogni anno il Super Bowl ha tentato di monopolizzare gli occhi e le attenzioni sui propri contenuti pubblicitari. Spazi strapagati che vengono di conseguenza anche strapompati e che cercano di unire più media per massimizzare l'attenzione. Dall'altra parte è arrivata stabilmente online (siamo al quarto episodio in un mese) Panetteria Maiello, una webserie-spot di Vodafone con Luca e Paolo, simbolo di una crescita del pubblico per contenuti video in Italia.
Anche quest'anno per il Super Bowl YouTube ha rinnovato Ad Blitz, è il quarto di fila, iniziativa intrapresa dal grande aggregatore di concerto con le principali aziende inserzioniste, mirata a prolungare la gestione della vita online dei brand a partire dagli spot del Super Bowl. L'idea è quella del contest (un meccanismo già rodato da altre aziende sempre in relazione al Super Bowl), cioè votare i migliori spot tra quelli andati in onda durante la manifestazione (noti per la loro novità, originalità e importanza). Il risultato sperato è per l'appunto continuare ad avere il polso dello sfruttamento e della vita online dei suddetti spot, i quali, volenti o nolenti, continueranno ad essere visti per molto tempo. Nonché aumentare la consapevolezza dell'importanza di un uso responsabile e conscio del video in rete.

Thursday, January 27, 2011

BlackBoxTv

Con il nome ambizioso e forse fuorviante di BlackBoxTV, Tony Valenzuela ha messo in piedi una serie dagli episodi slegati con in comune solo la tematica: paura, perdita, morte e "tutto ciò che mi ha fatto guardare dietro le spalle con timore per tutta la mia vita". A leggerla così sembrerebbe la descrizione di Ai confini della realtà ma con la famosa serie di metà secolo scorso BlackBoxTV non ha troppo in comune.
Se si esclude l'idea base, storie brevi e abbozzate, che mirano a dipingere in fretta contesti tra l'horror e il fantastico poggiando più sull'ambientazione e sullo spunto (data la brevità) che sui personaggi (che cambiano di volta in volta), la serie per la rete si concentra molto di più sul quotidiano, come compete al mezzo. Niente apocalisse, niente fine del mondo, niente grande scenario ma incidenti personali, labirinti mentali e storie talmente piccole e individuali che non avranno altri cantori se non quelli che l'hanno vissuta (sempre ammesso che sopravvivano per raccontarla).

Friday, January 7, 2011

L'altra - Martina Dego

Le vacanze di almeno 2.300 italiani iscritti a Facebook sono state all'insegna delle avventure di Martina Dego e L'altra. Si tratta della serie per la rete o, meglio, per Facebook ideata da Riccardo Milanesi, chiamata per l'appunto L'altra, fruibile unicamente su Facebook e che aveva per protagonista il personaggio di Martina Dego.

La ragazza al chiudere delle scuole per le vacanze natalizie rimane stranamente chiusa dentro la biblioteca della scuola. Unico contatto con l'esterno, il computer collegato ad Internet. Nessuno la va a riprendere perché, apprende lei stessa dai commenti degli amici sulla bacheca, in realtà c'è un'altra Martina che è in giro e vive la sua vita, dunque tutti ritengono lei stia scherzando. Col passare dei giorni però si capisce che la Martina che è fuori non è proprio uno stinco di santo...
La serie è stata fruibile solo sulla fan page di Martina su Facebook perché per portare avanti il racconto non utilizzava solo i video ma tutti gli elementi del social network (foto, post, commenti, link). Anzi, proprio quella parte di discrezionalità (le possibili interazioni con gli utenti) è stata quella che più ha influenzato lo svolgersi della storia, allontanandola anche dalle volontà degli autori.

A parlarne è Riccardo Milanesi, manager di Peter Pedro la società di edizione che ha dato vita al progetto con un budget di meno di 5.000 euro ("Ma - spiega - lavorando abitualmente nel settore abbiamo potuto abbatere il budget di almeno un terzo risparmiando su cose che altre persone invece dovrebbero pagare") senza alcuna aspettativa di ritorno economico, solo per sperimentare nuove forme di racconto e vederne l'esito. E l'esito è stato buono e molto lontano da certi stilemi tipici della rete, Milanesi infatti ha fortemente voluto un tono, una recitazione e una messa in scena "pulite" che rifuggissero qualsiasi realismo o pretesa di realtà, "Non volevo una cosa stile Blair Witch Project - dice - non volevo polemiche o accuse di sfruttamento di fatti di cronaca, volevo un racconto palesemente finto e per questo ho utilizzato messa a fuoco selettiva, color correction e tutti i trucchi del caso".

Thursday, December 23, 2010

Today of all days


In principio era il buddy movie, quella categoria di film in cui due amici collaborano per uno scopo comune. Solitamente sono film d'azione, solitamente sono anche commedie, solitamente sono maschilisti. Roba da uomini.
Come Today of all days, webserie che non è una serie ma una miniserie, cioè solo 3 episodi molto brevi e non autoconclusivi, un piccolo racconto quasi in tempo reale di quello che succede ad uno sposo e al suo migliore amico mentre questi lo accompagna in chiesa.
Lo spunto apparentemente banale presta il fianco ad una storiella tra il divertito e il generazionale. Nei pochi minuti in cui Today of all days dispiega la sua trama (il migliore amico dello sposo è un mercenario e si dà il caso debba portare a termine un lavoro che include una sparatoria proprio in quel momento) facendo intelligente economia di location e di ripresa, non manca di mostrare tutti i momenti, i valori e i luoghi comuni tipici di una certa tipologia umana. L'azione funzionale ai personaggi e non viceversa. Nel terzo episodio la serie si concede addirittura anche un momento in stile Call Of Duty di rara intelligenza, non tanto per la realizzazione (facile) quanto per il modo in cui lo si inserisce nel racconto (difficile) e gli effetti che questo lascia sui personaggi (ancora più difficile).

Thursday, December 2, 2010

Stay-at-home-dad


Chi segue e guarda costantemente cosa si produca in rete e per la rete non può fare a meno di notare come questo tipo di racconti sappiano parlare del presente. Questa è la missione che in genere si pone il cinema in quanto forma di racconto principale (per importanza e influenza) della contemporaneità. Come si possa capire e mostrare ciò che sta accadendo nel (quasi) tempo reale che richiede girare, montare e distribuire un film è l'impresa che gran parte dell'industria del cinema (italiana come americana) insegue, riuscendoci solo parzialmente e non sempre tempestivamente o correttamente.
La televisione di contro, nonostante l'emergere e il continuo crescere della popolarità e della qualità dei suoi prodotti seriali, non sembra essere interessata a questo, racconta storie fantastiche o molto contingenti, senza però cercare di ancorarle ad un momento storico. In linea di massima potrebbero accadere in qualsiasi posto e in qualsiasi tempo.
Solo le webserie dimostrano sempre di più di avere un attaccamento alla realtà più forte di qualsiasi altro tipo di racconto audiovisuale. Questo perché da una parte sono facilitate dalla rapidità produttiva, dall'altra sono realizzate da persone che vivono la condizione dominante, cioè le cosiddette "persone comuni".

Ecco perchè probabilmente le serie che raccontano, con più o meno dedizione, della nuova situazione dell'America contemporanea aumentano di mese in mese.

Thursday, November 25, 2010

Ad un pelo dalla Victoria

In 3 anni di diffusione di massa italiana per Facebook abbiamo capito che il social network di Zuckerberg, a differenza dei competitor e di quelli che sono venuti prima, è un piccolo Internet a sé, una replica in scala delle possibilità e delle idee che animano la Rete, facilmente accessibile per chiunque in un unico luogo. Facebook ha ridotto l'esperienza Internet al suo minimo comun denominatore, e così ne ha allargato il pubblico. Normale quindi che toccasse anche al mondo delle webserie, cioè della serialità audiovisiva a mezzo web, trovare una sua miniaturizzazione per l'universo ristretto (solo rispetto alla totalità della rete) di Zuckerberg. E in questo senso, una volta tanto, uno degli esperimenti più interessanti in materia proviene dal nostro paese.

Si tratta di Ad un pelo dalla Victoria, una webserie tratta dal format che negli ultimi anni Crodino ha applicato per le sue pubblicità (Victoria Cabello e un gorilla che fanno vita di coppia) e diretta dal pubblicitario Erminio Perocco. Un episodio al giorno circa, ognuno lungo tra i 2 e i 3 minuti circa, ognuno a sé stante sebbene inserito in una trama più grande (la sorella di Victoria, interpretata da Vittoria Belvedere, si sposa e questa è l'occasione per il gorilla romano verace di conoscere i suoi parenti ricchi e snob).

Thursday, November 18, 2010

Meryl Streep a Web Therapy

Arrivate alla terza stagione e con un accordo siglato con il canale televisivo Showtime (lo stesso di Dexter) per la messa in onda dei suoi episodi accorpati a gruppi di tre (in modo da arrivare ad una durata di circa 30 minuti), le terapie a mezzo web di Lisa Kudrow hanno potuto vantare in questi due anni diversi ospiti o pazienti d'eccezione. Nell'altra finestra Skype del desktop dell'analista Fiona Wallace ci sono stati, tra gli altri, Jane Lynch, Alan Cumming, Selma Blair e la friend Courtney Cox.
Nulla però a paragone del suo ultimo paziente. Il 12 novembre è infatti andato online il terzo dei rituali tre episodi (ogni cliente ha tra puntate ad egli dedicate) che vedevano la terapista alle prese con Camilla Bowner, anch'essa terapista (ma del sesso eterosessuale), incaricata di risvegliare l'interesse per l'altro sesso del marito della psichiatra. Camilla Bowner era interpretata da Meryl Streep, il nome più riconoscibile ma al tempo stesso il più impressionante e blasonato dello spettacolo mondiale.

Thursday, October 21, 2010

The Break-Ups

Ted Tremper, autore del progetto Break-Ups (e attore nel primo episodio), ha avuto l'idea di riprendere con un certo stile compositivo e cromatico delle separazioni. Una coppia, finora solo di ragazzi, che si sta lasciando, sta interrompendo il proprio rapporto sentimentale, per un qualsiasi motivo. Le cose avvengono in maniera seria, drammatica, giocosa, divertente o anche grottesca, il tono non è assolutamente sempre lo stesso. A rimanere costante è l'idea di un video molto breve che di tutto il processo di separazione, per l'appunto il break-up, colga l'essenza, il dialogo (quasi sempre in tempo reale, cioè con pochissimo montaggio) o l'interazione determinante.
Forse non era sua intenzione ma il progetto, così come arriva e viene colto nel flusso casuale dell'informazione in rete, è il contraltare perfetto al proliferare dei siti di dating e della felicità promessa anche a mezzo webserie. Solo storie fallite, solo amori impossibili o giunti al capolinea.

Tutti questi vincoli potrebbero far pensare ad un risultato mediocre ma la qualità media è invece sorprendente. Non solo le immagini sono molto curate e pensate in modo da introdurre il mood e il sentimento di quel particolare episodio, ma anche l'improvvisazione, si vede, è frutto di diverse prove per quanto fila liscia. Creare emapatia, costruire un conflitto e far intuire il background di una storia, in modo che il percorso drammaturgico si compia e si sciolga nelle lacrime in così poco non è da tutti.

Friday, October 8, 2010

Status: Kill

In curiosa concomitanza con l'uscita cinematografica di The Social Network, la settimana scorsa è stato caricato l'episodio finale di Status: Kill, l'ultimo prodotto di Jesse Cowell, uno dei migliori talenti nel mondo della produzione video in rete. Cowell è un cineasta della rete, non guarda ai modelli televisivi, non batte il percorso della videoarte, né tenta di fondere tecnologia e narrazione, i suoi prodotti (al momento i più grossi sono tre) utilizzano le strategie di racconto cinematografico per mettere online storie che parlino ad un pubblico diverso e che soprattutto riescano a generare reddito. Cowell non è un artista folle ma un acuto e intellettuale narratore di storie che utilizza la rete. Dopo Shades Of Gray e Drawn by Pain, Status: Kill è un ritorno ai toni più leggeri, ma non meno sagaci, che avevano segnato il suo esordio.

Thursday, June 17, 2010

Cadaveri eccellenti

Una delle chimere e delle stupidaggini maggiori che circolano in rete, fomentate da coloro che di rete sanno molto poco, è che si possa fare un film o una serie o un prodotto artistico qualsiasi dal basso, cioè utilizzando la creatività degli utenti. La cosa non è mai davvero riuscita nonostante infiniti tentativi e gli unici casi in cui si è giunti a qualcosa di interessante sono stati quelli in cui gli utenti venivano coinvolti come collaboratori, i cui contributi erano poi organizzati e gestiti da un'intelligenza creativa unica, la medesima che dà vita all'opera. Come il caso di I.Channel o forse sarà l'esperimento di The Office e del suo fanisode, un episodio già andato in onda che viene riscritto dagli utenti affidando ad ognuno 10 secondi.
Negli ultimi due anni però sta prendendo vita una tendenza che, lungi dal coinvolgere nel processo creativo gli utenti, cerca di sfruttare le potenzialità che ha la rete di fomentare l'interazione tra individui sconosciuti per fare qualcosa di diverso ed interessante. Si tratta dei cadaveri eccellenti, un gioco che diventa forma d'arte e che era nato in Francia come forma di svago tra artisti, molto amato dai surrealisti.