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Sunday, April 11, 2010

Lo spirito più elevato (Ichiban utsukushiku, 1944)di Akira Kurosawa

Secondo film come regista di Kurosawa e opera a totale commissione governativa. Durante la Seconda Guerra Mondiale come molti paesi anche il Giappone vuole tenere buono il fronte interno con opere di propaganda che inneggino, scaldino i cuori e diano fiducia a chi non è in guerra convincendo il popolo a sringere i denti e dare una mano. Il film doveva essere su un duello aereo, quindi d'azione, ma proprio Kurosawa aveva insistito per realizzare questo curioso dramma realista.

In Lo spirito più elevato si racconta di una fabbrica dove la direzione decide di aumentare il ritmo produttivo secondo canoni diversi per uomini e per donne. Le donne infuriate del fatto che a loro viene chiesto di meno pretendono di dover lavorare di più come gli uomini. Tutto gira intorno all'energica caporeparto che si trova a dover fare fronte a mille problemi, defezioni e malattie per poter arrivare a quella meta che le stesse operaie hanno richiesto.

Nonostante un ritmo blando si vede già l'attenzione ad un tipo di racconto che sappia alternare i momenti di stasi a quelli più dinamici (la storia segue una scansione circolare come la vita delle operaie: lavoro, vita privata, partite di pallavolo di svago, visite mediche e di nuovo da capo lavoro, vita privata...), si nota un'attenzione e una partecipazione particolare al mondo degli umili, ai loro valori, i loro problemi e il modo che hanno di vivere il contrasto tra aspirazioni e realtà.
L'ardore sperimentale delle messe in scena dei film che verranno è quasi assente ma annunciato dalle transizioni a scorrimento o da alcuni stacchi di montaggio che si parlano tra di loro come quando una frase viene troncata nel mezzo e la parte che doveva venire è ciò che vediamo nell'immagine successiva.

Tuesday, December 30, 2008

Cane Randagio (Nora Inu, 1949)di Akira Kurosawa

C'è uno strano rapporto tra Cane Randagio e Ladri di Biciclette. Strano perchè i film non dovrebbero avere alcuna relazione: arrivano in sala nei rispettivi paesi uno l'anno dopo dell'altro, quindi tecnicamente non ci dovrebbe essere stato il tempo per Kurosawa di visionare il film di De Sica prima di iniziare le riprese del suo (occorre anche calcolare che all'epoca le pellicole non viaggiavano oltre continente con rapidità).
Tutto può essere ma è quantomeno improbabile, dato anche il fatto che, nonostante Sciuscià avesse già vinto un premio Oscar, comunque De Sica non era ancora De Sica a livello internazionale.

Il rapporto invece c'è perchè i film a livello di struttura si somigliano molto. Entrambi figli di due paesi che escono dalla guerra sconfitti, entrambi mettono in gioco un personaggio buono contro uno cattivo che poi cattivo davvero non è ("è l'ambiente che è malsano" dice ad un certo punto Mifune), entrambi raccontano un intreccio di caccia per mostrare con stile quasi documentaristico la realtà popolare del proprio paese, entrambi sono panni non lavati in casa, entrambi girano intorno al recupero di un oggetto rubato e infine entrambi "pedinano" i propri protagonisti.

Dette le somiglianze occorre precisare che Cane Randagio poi è completamente diverso da Ladri di Biciclette, ha un altro ritmo, altre accelerazioni e nel modo in cui a metà cambia genere e rallenta i toni passando da poliziesco a drammatico ricorda molto più Anatomia di Un Rapimento dello stesso Kurosawa.
E proprio in quest'analisi dei bassifondi (che tema più classico non c'è per il regista giapponese) e quest'indugiare lontano dall'intreccio principale dando più spazio ai silenzi che il film perde, o che quantomeno non riesce a trovare una sua strada. Peccato perchè poi lo splendido finale dove tornano suspence e azione fa intuire quelo che si vedrà più avanti nella carriera del regista cioè come riesca a raccontare meglio il suo paese e lo scenario in cui si muovono i suoi personaggi quando questi sono presi dal frenetico svolgersi degli eventi.

Saturday, August 23, 2008

L'Angelo Ubriaco (Yoidore tenshi, 1948)di Akira Kurosawa

L'umanesimo di Akira Kurosawa quasi stucchevole a tratti si misura con una dinamica nota, quella del gangster che cerca un riscatto sul finire della sua vita, ma lo fa contrapponendogli una figura molto particolare ovvero un medico che secondo le regole dovrebbe essere il polo buono, umano e positivo ma che nella pratica del film lo è solo a tratti.

La matrice fondamentale sembra essere un melodramma, anche per l'uso espressionista delle condizioni climatiche (un caldo asfissiante), tuttavia il film si distanzia ben presto dagli stereotipi e dai luoghi comuni del genere per approdare ad un obiettivo decisamente più ambizioso.
Il medico è l'angelo ubriaco del titolo, figura storicamente positivissima in tutti i melodrammi ma qui affrontata con un'inedita complessità. Nonostante la preponderanza dello yakuza Mifune, alla fine è il medico Shimura a rappresentare il vero cuore del film, intorno a lui ruotano tutti i personaggio e su di lui sono calibrate tutte le scene.

Intenso e rigoroso come sempre il Kurosawa di L'Angelo Ubriaco contiene a fatica uno stile che esploderà in seguito, modera i suoi fenomenali carrelli ed è tutto preso dall'inserire i suoi personaggi in un ambiente ben specifico (la periferia) facendo attenzione a che ogni volta sia il paesaggio a determinare le interazione e a ridefinire ciò che accade grazie ad un uso sistematico (ma non è certo la prima nè l'ultima volta) della profondità di campo. Del resto erano gli anni del rapporto personaggio/paesaggio e non stupisce come anche Kurosawa sperimentasse in questo senso (poi dopo arriverà la sublimazione con Dodes' Ka-Den).
Ogni passeggiata è fatta davanti a muri diroccati, ogni discorso in interni sfondati, ogni acme emotivo accanto alla terribile palude dove giocano i bambini.