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Tuesday, February 8, 2011

Burlesque (id., 2010)di Steve Antin

POSTATO SU
In Burlesque il burlesque non c'entra nulla. Questo lo si poteva immaginare anche prima di entrare in sala. Che il film sia più che altro un veicolo per Christina Aguilera che sfrutta l'eterna storia della ragazza di provincia sbarcata nella grande città per realizzare i suoi sogni, nonchè l'eterna dinamica da Saranno Famosi (quella del "talento da esprimere"), è fatto acclarato. Il burlesque è solo la parte modaiola del film, quella che deve cercare una veste nuova a dinamiche eterne, il titolo spendibile.

Detto questo Burlesque è un film sostanzialmente disonesto perchè promette una cosa che non mantiene. Promette spettacolo e musica e regala balletti montati in sequenze così rapide da renderli incomprensibili e canzoni in playback, cioè la declinazione fasulla di entrambe le forme d'espressione. Non c'è vera musica e non c'è vera danza.
In questo i film musicali non si discostano troppo dai film d'azione: al centro entrambi hanno la prestazione fisica, se questa non è evidente, non è reale e "fisica", nel senso più stretto del termine, allora crolla il castello di carte e tutto suona fasullo.
A comprova di quanto scritto si veda Tournée il nuovo film di Mathieu Amalric, passato a Cannes e al Festival di Torino, anch'esso centrato sul burlesque ma retto da vere interpreti e vere consulenti.

A salvare la baracca quindi sono come al solito i comprimari, i grandi caratteristi capitanati da Stanley Tucci (il talento più limpido tra le eterne seconde linee di Hollywood). Lui e Cher (praticamente il Mickey Rourke di questo genere cinematografico), sono gli unici in grado di dare credibilità a battute e ad un copione che non si limita a ravanare nel banale (magari!) ma azzarda momenti sentimentali totalmente fuori luogo.

Thursday, November 26, 2009

Amabili Resti (The Lovely Bones, 2009)di Peter Jackson

POSTATO SU
Ad ogni film Peter Jackson sembra migliorare. Le sue trovate si fanno sempre più sofisticate, le idee di messa in scena più raffinate, le ambizioni più alte e l'audacia tecnica più controllata, eppure i film sembrano essere sempre peggiori e Amabili Resti purtroppo non fa eccezione.

Dopo la monumentale impresa di Il Signore Degli Anelli doveva essere diventato il re degli adattamenti letterari al cinema e invece il punto debole di Amabili Resti è proprio quello, cioè che la vicenda è stata ridotta per lo schermo lasciando tantissimi buchi e personaggi apparentemente inutili.
Eccezion fatta per la protagonista e l'omicida (a quando un film di primo piano con Stanley Tucci protagonista?) gli altri personaggi non hanno spessore e spesso le loro azioni hanno poco senso. La famiglia di Suzie non ha personalità nonostante si intuisca come ogni singolo membro potrebbe averla, la madre ad un certo punto va a cogliere mele nelle piantagioni senza ragione apparente, il ragazzo amato e la ragazza che la vede dopo la sua morte non hanno nessuna psicologia nonostante siano presenti in ruoli che sembrerebbero determinanti e infine la nonna (interpretata da Susan Sarandon) subisce un cambio di carattere che non ha nessuna motivazione.

Tutto ciò che nel libro è costruito con un senso e un percorso preciso arriva nel film frettolosamente e alle volte senza quelle basi e quelle motivazioni che gli davano significato. In più il paradiso, o la zona di mezzo, in cui staziona l'anima di Suzie è pari pari quello di Al di là dei sogni (ma proprio tutta la pellicola sembra parente di quel film), stessa ambientazione digitale colorata e new age e stesso rapporto con la realtà.

Se la forza di Peter Jackson torna ad esplodere in alcune sequenze isolate come quella della sorella nella casa dell'assassino o un'altra fantastica in cui pur tenendolo costantemente sullo sfondo riesce a concentrare l'attenzione di tutto il pubblico verso un personaggio mai visto fino a quel momento, o ancora quando sperimenta punti di inquadratura e visuali impossibili con la normale attrezzatura utilizzando una microcamera comprata in una televendita televisiva (sic!), il resto del lungo film (2 ore e passa) è sostanzialmente monocorde.
Solo nel finale, quando la voce fuoricampo della protagonista tira le fila di quel che è successo spiegando il senso del titolo "amabili resti" si intuisce cosa poteva (e forse doveva) essere il film e che non è stato.