Bisogna essere rapidi e andare a vederlo nelle poche, pochissime sale in cui sarà perchè Moon è davvero un filmetto da non perdere e da gustare nel buio della sala, buio che ad un certo punto sembra quasi la logica prosecuzione di quel vuoto nero ed oscuro che circonda la base lunare dove è ambientata tutta la storia.
Siamo dalle parti del miglior cinema di fantascienza, quei film a basso budget (5 milioni dollari, roba che avranno risparmiato anche sui biglietti dell'autobus per non sforare!) nei quali lo spazio non serve a far scontrare astronavi ma a fornire una dimensione assurda e solitaria in cui le cose non sono più quello che sembrano, le persone sono costrette a guardare dentro se stessi ed il mistero esiste ancora. Solo nello spazio si può ancora credere davvero di poter arrivare ai confini della metafisica per incontrare i creatori della civiltà, solo nello spazio la lotta contro un mostro tra organico e meccanico diventa una ricerca interiore e solo nello spazio si può incontrare l'altro per eccellenza, cioè se stessi, come fa il protagonista di Moon.
Lo spazio è forse l'ultimo luogo dell'anima, un posto dove (ci immaginiamo che) i valori che animano la nostra società giugono ad una sintesi definitiva, dove gli scontri ideologici diventano scontri materiali e dove non esiste la magia ma solo la fisica e al massimo la metafisica. Che è molto più spaventoso.
Il regista (come non dirlo??) è il figlio di David Bowie e più che guardare alle fantasie spaziali paterne guarda a 2001: Odissea Nello Spazio, Blade Runner e Solaris ma senza nasconderlo. Intendiamoci non vuole citare quei film ma replicarne esattamente alcuni elementi, utilizzare quelle sensazioni, quelle idee che un computer con voce monocorde ci scatena per poi tradirle. Duncan Jones ci fa pensare continuamente di aver capito dove va a parare, ci fa pensare di essere sulla scia di Blade Runner quando non è così, ci fa credere che le cose andranno come in 2001 ma non è esattamente vero.
E alla fine lo scarto tra questi modelli (neanche lontanamente raggiunti sia chiaro!) e quello che succede invece in Moon segna la distanza tra come vedevamo una volta la dialettica tra materia e spirito e come la vediamo oggi. Il futuro è ancora una lotta per la supremazia dell'umanità sulla tecnologia ma le forze in campo non sono più le stesse o quantomeno non sono schierate più nella stessa maniera, almeno da Wall-e in poi.
Siamo dalle parti del miglior cinema di fantascienza, quei film a basso budget (5 milioni dollari, roba che avranno risparmiato anche sui biglietti dell'autobus per non sforare!) nei quali lo spazio non serve a far scontrare astronavi ma a fornire una dimensione assurda e solitaria in cui le cose non sono più quello che sembrano, le persone sono costrette a guardare dentro se stessi ed il mistero esiste ancora. Solo nello spazio si può ancora credere davvero di poter arrivare ai confini della metafisica per incontrare i creatori della civiltà, solo nello spazio la lotta contro un mostro tra organico e meccanico diventa una ricerca interiore e solo nello spazio si può incontrare l'altro per eccellenza, cioè se stessi, come fa il protagonista di Moon.
Lo spazio è forse l'ultimo luogo dell'anima, un posto dove (ci immaginiamo che) i valori che animano la nostra società giugono ad una sintesi definitiva, dove gli scontri ideologici diventano scontri materiali e dove non esiste la magia ma solo la fisica e al massimo la metafisica. Che è molto più spaventoso.
Il regista (come non dirlo??) è il figlio di David Bowie e più che guardare alle fantasie spaziali paterne guarda a 2001: Odissea Nello Spazio, Blade Runner e Solaris ma senza nasconderlo. Intendiamoci non vuole citare quei film ma replicarne esattamente alcuni elementi, utilizzare quelle sensazioni, quelle idee che un computer con voce monocorde ci scatena per poi tradirle. Duncan Jones ci fa pensare continuamente di aver capito dove va a parare, ci fa pensare di essere sulla scia di Blade Runner quando non è così, ci fa credere che le cose andranno come in 2001 ma non è esattamente vero.
E alla fine lo scarto tra questi modelli (neanche lontanamente raggiunti sia chiaro!) e quello che succede invece in Moon segna la distanza tra come vedevamo una volta la dialettica tra materia e spirito e come la vediamo oggi. Il futuro è ancora una lotta per la supremazia dell'umanità sulla tecnologia ma le forze in campo non sono più le stesse o quantomeno non sono schierate più nella stessa maniera, almeno da Wall-e in poi.
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