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Thursday, September 30, 2010

Un weekend da bamboccioni (Grown Ups, 2010)di Dennis Dugan

POSTATO SU
Sull'uso e l'accezione che viene dato al termine "bamboccioni" nella titolazione di questo film ci sarebbe da scrivere un saggio di 500 pagine. Invece per gentilezza nei confronti del lettore non verrà spesa nemmeno una parola.
Grown Ups è l'ennesima collaborazione tra Adam Sandler (anche sceneggiatore) e Dennis Dugan (Vi dichiaro marito e marito, Zohan ma soprattutto il folgorante Happy Gilmore), coppia dai risultati talmente altalenanti che fa venire il sospetto di azzeccare il colpo solo per caso.

Se infatti Happy Gilmore era un esordio col botto, dinamico, esilarante e violento, Vi dichiaro marito e marito un'insopportabile pastrocchio maschilista e Zohan una satira divertente, estrema e audace nel suo (autentico) politicamente scorretto, Grown Ups è un film per famiglie nell'accezione più dispregiativa del termine. Un film che mette in scena famiglie e dinamiche da famiglia ad uso e consumo di un pubblico identico a chi viene rappresentato, che ne fruisce più in tv (in famglia) che al cinema. Ancora peggio il film dà libero sfogo alla piega peggiore dello stile-Sandler ovvero il passatismo "americana", cioè il ricordo e la nostalgia dei veri valori tradizionalmente bianchi e east coast.

Storia di un gruppo di amici affiatati che, una volta adulti, si incontrano nuovamente dopo anni di lontananza a causa della morte del loro coach di pallacanestro. Il funerale è l'occasione per loro e per le loro famiglie di trascorrere di nuovo del tempo insieme in una baita nel bosco, luogo in cui si confronteranno, risolveranno i loro problemi (causati dalla vita di città) e riscopriranno una dimensione panica a contatto con la natura e tutti quei pregi dell'american way of life apertamente contrapposti alla frenesia di questa vita moderna.
La scarsità di spunti comici (nonostante il profluvio di attori interessanti) è forse l'aspetto meno irritante di questa lunga parabola buonista autoincensatoria, dove addirittura in chiusura i belli, ricchi e ora anche felici protagonisti concedono ai brutti, cattivi e stupidi outsider di provincia il privilegio di una vittoria a pallacanestro (l'unica vittoria della loro vita lascia intuire il film), perdendo appositamente. Anche quella vittoria per gli outsider dunque è un regalo pietoso di chi ha tutto nei confronti di chi non ha niente e non una conquista personale.

Friday, April 9, 2010

Oltre le regole (The Messenger, 2010)di Oren Moverman

POSTATO SU
Candidato a due premi oscar (miglior sceneggiatura originale e miglior attore non protagonista), fondato sull'eterno mito del reduce, che ha fatto la fortuna del cinema americano da quando il paese si imbarca in guerra di convenienza in luoghi sperduti, giocato sui temi dell'amicizia virile e della seconda occasione e infine adagiato su una trovata originale Oltre le regole vale proprio poco.

La trovata originale è guardare al fronte interno, il mondo dei parenti dei soldati che da casa vivono la guerra solo attraverso le sue vittime, seguendo a quotidianità di due soldati (un decorato di guerra appena rientrato in patria e uno più esperto) a cui viene assegnato il compito di comunicare la scomparsa in guerra dei soldati ai loro familiari.
Si potrebbe anche dire che il film è un lungo controcampo poichè di solito siamo abituati a vivere (cinematograficamente) gli annunci della morte di un soldato in guerra dalla parte dei familiari. Suona il campanello, si apre la porta, ci sono due militari in alta uniforme che cominciano a ripetere come un disco: "E' la signora XXXX? Siamo spiacenti di informarla che suo figlio..." segue litania formale sulle cause di morte. Un'immagine e uno stereotipo ormai consolidati.

Stando accanto ai due protagonisti di Oltre le regole invece vediamo la preparazione, seguiamo la strutturazione del discorso e viviamo le diverse reazioni delle diverse tipologie umane alla notizia ferale.
Al di là della curiosità sociologica però c'è poco. Le vite disastrate dei due militari (ognuna per un motivo diverso) sono poco interessanti, almeno quanto le loro velleità di ricominciare a vivere.
In teoria i drammi a cui assistono (genitori disperati, ragazze incinta, mogli abbandonate e via dicendo) dovrebbero essere la proiezione dei loro incubi interiori, loro che da bravi militari non esternano sentimenti e tengono tutto dentro, tanto che il progressivo scioglimento nei confronti della compartecipazione agli annunci che fanno è anche la metafora dell'elaborazione e l'accettazione dei propri fantasmi.

E se Woody Harrelson dà vita con cesello e buona volontà ad un personaggio curioso, affascinante a modo suo e pieno di sfumature, non fanno lo stesso le parole che deve pronunciare, le decisioni che prende o lo sguardo con cui è ripreso. Impalpabile Ben Foster.