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Thursday, May 13, 2010

On tour (Tournee, 2010)di Mathieu Amalric

FESTIVAL DI CANNES 2010
CONCORSO
Mathieu Amalric e' uno dei piu' grandi attori di Francia di questi tempi e dopo una prima prova qualche anno fa ora torna a fare il regista in un film in cui e' anche l'attore protagonista. Per non variare molto dallo stereotipo dell'attore che passa a fare il regista anche lui come quasi tutti si mette a raccontare una storia di artisti da quattro soldi, in particolare di una compagnia di Bourlesque americana portata in giro per la Francia da un impresario francese e pieno di problemi.
La questione e' parlare di uno stile di vita bulimico e frenetico, eppure cio' che emerge di piu' dallo stile molto controllato e molto francese di Amalric (che molto guarda ai film di Desplechin), e' una sorta di dimensione ovattata dei sentimenti dove nulla scalfisce il protagonista. Non il disprezzo dei figli, non le umilizazioni sul lavoro, non le avanches e nemmeno i ricordi dei vecchi amori.
Una donna in ogni porte e un debitore in ogni citta', cosi' l'impresario si plasma sugli spettacoli che porta in scena. Le attrici di bourlesque sono tutte vere performer e si vede, Amalric conosce il valore del corpo e della corporalita' e non vuole blande finizoni ma corpi scandalosi. E per se stesso (con rara capacita' di comprendersi come se si guardasse da fuori) ritaglia un ruolo nel quale il corpo da scricciolo o ranocchio e' altrettanto importante.
Il film non e' quella fucina di sentimenti inespressi che vorrebbe essere, nemmeno nella pur bella scena del tentato rimorchio alla pompa di benzina, tuttavia ha un finale da impazzire: gli ultimi 10 secondi in cui viene lanciato un urlo in playback, riassumono per immagini, musica e climax narrativo tutto quello che il film poteva e voleva dire e che non e' riuscito a fare. Peccato.

Thursday, April 29, 2010

Gli Amori Folli (Les herbes folles, 2009)di Alain Resnais

POSTATO SU
Da quando lo fece Truffaut con Abel Gance è diventata efficace figura retorica affermare che un cineasta molto vecchio ma ancora in attività è "il più giovane tra i nostri registi" e sarà forse per l'assonanza nouvellevaghesca ma guardando Gli amori folli non si riesce a non pensare a quest'affermazione.
Già Cuori aveva mostrato che a 84 anni Resnais ha ancora idee da vendere. Ora, a 88 anni, ha realizzato un film che, pur mostrando la mano grinzosa che l'ha composto attraverso una pomposità e un retaggio letterario che sono sia caratteristica degli anziani sia di quella generazione di cineasti francesi, ha la rapidità di movimento di un ventenne!
Se al confronto penso a Le Rose Del Deserto mi sento male.

Gli amori folli (ah! L'amore nei titoli italiani...) comincia con le erbe folli del titolo originale, cioè quelle piante che in maniera totalmente inaspettata fanno la cosa più strana e imprevedibile, crescono tra le pieghe dell'asfalto e delle rocce (facile metafora dei sentimenti dei protagonisti), dopodichè è un turbine di eventi, amori, follie da parte di una coppia di circa-sessantenni. Storie che sembrano quasi di provincia per quanto sono piccole e ordinarie, fatte di sentimenti ed intrecci in cui Resnais cerca una dimensione estetica tutta particolare in grado che consenta le venature di grottesco di cui contamina il film e soprattutto eviti la piccolezza per giungere alla grandezza.

E' anche un film divertente Gli amori folli, a tratti surreale (le sequenze felliniane nell'hangar) a tratti sognante, a tratti metacinematografico e colmo di quelle caratteristiche del cinema francese anni '60 (che nemmeno Audiard disdegna) come mascherini ad iride e la retorica sul cinema, la sala e i film.
Ma come si diceva nel suo raccontare di un amore folle che scoppia fuori tempo massimo, ma non per questo rinuncia alla sua forza, Resnais, utilizza punti di inquadratura inusuali (mai vista una scena in macchina filmata così con quelle variazioni cromatiche date dal semaforo) e muove la macchina da presa per vie stranissime, a volte anche poco funzionali, giusto per sperimentare modi nuovi di guardare ai medesimi racconti.

Su tutto aleggia una colonna sonora di Mark Snow modernissima, un altro elemento straniante che contribuisce a modificare la lettura di quella storia e quelle immagini. Cioè un altro elemento formale molto modernizzante affiancato e ben amalgamato con una storia vecchio stampo.