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Monday, February 23, 2009

Iago (2009)di Volfango De Biasi

POSTATO SU
Non che non si possa rifare Otello, diciamolo subito, e nemmeno che non si possano adattare i grandi classici ad un cinema popolare, centrato più sulla trama che su altro. Anzi! Forse le opere di Shakespeare sono le più adatte ad un simile lavoro perchè dotate di intrecci formidabili e archetipici al tempo stesso, opere così forti da resistere anche alle molte storpiature. Ma De Biasi ce l’ha messa tutta.

Iago tenta un’opera di riscrittura ispirandosi (con vaghezza crescente a mano a mano che ci si approssima al finale) all’Otello originale per parlare di ambizione. E’ Iago la vittima in questa visione del dramma, perchè amava Desdemona e Otello gli ha soffiato donna e ambizioni professionali.
Una variazione sulla carta interessante per una dinamica nei secoli diventata anche abbastanza trita. Ma il grande errore del film è di prendersi eccessivamente sul serio e di puntare troppo in alto. De Biasi vuole tirare le fila del senso stesso dell’essere ambiziosi come Shakespeare faceva con la gelosia. Iago distrugge tutto per amore di Desdemona e di se stesso, per rabbia e per desiderio di aspirazione sociale (tutti fanno architettura ma al contrario degli altri Iago è povero e idealista, è più bravo degli altri, lo sa e intende arrivare in alto).

Se non bastassero dei presupposti eccessivamente ambiziosi ci si mette la realizzazione a creare dei veri problemi. Un film recitato tanto male quanto Iago non lo si vedeva da tempo e la scelta luhrmaniana di contaminare la sceneggiatura moderna scritta per l’occasione con un linguaggio aulico e alcune frasi o richiami al copione originale è deleteria in questo senso. Nemmeno Gabriele Lavia si salva nello sconcerto generale.
Volfango De Biasi predilige le metafore (anch’esse spesso prese dal Romeo + Juliet di Luhrmann come la festa in maschera) e caricando la messa in scena di simboli, ma ognuno di questi è ripreso e trattato con un’enfasi esagerata che ne rivela l’inconsistenza di fondo.

La composizione delle inquadrature è spesso disarmante, gli attori sembrano disposti casualmente e ignari di come e dove debbano posizionarsi. Il montaggio, specialmente nei dialoghi e quindi nel classico campo/controcampo, è assolutamente dilettantesco e non si capisce come mai nessuno abbia fatto qualcosa per impedirne l’approvazione finale.
Neanche la colonna sonora si salva. Incerta tra sottolineature drammatiche e autoironia la musica è usata in uno dei modi peggiori che si ricordino.

Normale a questo punto che dati simili presupposti ogni cosa risulti ridicola. Vaporidis che elogia la propria intelligenza parlando tra sè e sè, i vestiti palesemente caricaturali, i molteplici finali (ma chi ha approvato??), i mantelli che svolazzano nella notte e tutta quell’aria da trasgressione da tinello che pervade il film.

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