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Tuesday, May 17, 2011

I Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare (Pirates of the Carribean: On Stranger Tides, 2011)di Rob Marshall

Qui si è sempre stimato parecchio Gore Verbinski. Anche quando dirigeva il secondo e terzo film di una saga che era partita alla grande ma stava finendo schiacciata sotto il peso di interessi milionari e obblighi su obblighi, imposti da produzioni avide di successi originali. Ma se per l'appunto gli ultimi due film dei pirati dei caraibi erano pessimi nonostante un buon regista, si può solo immaginare cosa possa essere questo quarto che, per di più, è in mano al regista di Nine e Memorie di una geisha.

Tutte le vostre fantasie più sfrenate riguardo pessimi film e agonie in sala sono realtà. Pirati dei Caraibi 4 appartiene alla categoria "film d'azione noiosi", quelli in cui ci si addormenta nelle scene di battaglia e si auspica una rapida fine a dispetto degli oltre 120 minuti di durata.
Il punto è che Rob Marshall fallisce là dove Verbinski bene o male salvava la baracca, cioè nel proporre un'idea di film d'avventura seria e credibile a dispetto di trame che da ironiche si son fatte via via sempre più stupide. Controfigure in evidenza, momenti di vero imbarazzo quando a muoversi sono i veri attori, greenscreen palesi e mille artifici messi in scena invece che nascosti, distruggono ogni possibile impressione di esotismo. E sono solo alcuni dei fastidi primari. Come si può immaginare un film sui pirati in cui tutto appare fasullo e posticcio, in cui il protagonista è goffo quando tira con la spada e nello stacco di montaggio seguente è bravissimo ma palesemente ripreso di spalle da lontano?

Come se non bastasse anche Jack Sparrow, uno dei pochi miti originali di questi anni di cinema, riceve il colpo finale. Da freak vincente e fuori dai canoni lentamente sta rientrando nei ranghi e in questo quarto film dimostra di avere un cuore e delle pulsioni sentimentali (verso Penelope Crua, l'alternativa latina dopo quella cinese dello scorso film), dimenticando totalmente quel curioso senso di impotenza sessuale (e correlata ambiguità) che gli dava ancor più fascino e mistero. Ora è tutto esplicito e dichiarato.

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