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Thursday, November 20, 2008

U Turn (id., 1997)di Oliver Stone

Con U Turn Oliver Stone unisce due grandi miti del racconto statunitense: la provincia estrema come culla di minacce alla liberta individuale e il deserto come luogo-limite, confine quasi mistico in grado di mettere chiunque (specialmente chi non è abituato a viverlo) a contatto con se stesso e con le proprie contraddizioni (a tal punto è impossibile non ripensare a Valerio Mastandrea che quando il beduino gli dice "Attento! Tu nel deserto sei diverso!" gli risponde "Si ma che vor dì? Anche te se te metto sulla tangenziale sei diverso!").

Con un tono paradossale che incrocia le forzature estreme di montaggio di Assassini Nati e le idee scorsesiane di Fuori Orario, in U Turn tutto ha un senso preciso e cioè l'ossessione umana per la salvezza individuale, la deriva mentale che porta l'uomo ai bisogni naturali e alla salvezza personale. Un Detour portato (fin dalla prima inquadratura) alle estreme conseguenze.

Sovrapposizioni, inquadrature sghembe, punti di vista non ortodossi, superfici riflettenti inquadrate a dovere e molte altre trovate continue e spiazzanti utilizzate in maniera crescente creano quell'ambiente surreale che, con la complicità di una trama lineare ed ossessiva nel girare intorno all'impossibile fuga, danno l'idea del film non come consueto viaggio verso la risoluzione di un intreccio ma come tortura del protagonista.

Nulla che non si sia visto, tuttavia c'è un momento, alla fine, in cui Oliver Stone osa più che mai, abbandona tuto quello che ha fatto in precedenza (i rapporti falsi guidati dalle esigenze, gli svelamenti, le ossessioni...) per puntare in maniera palese e violenta a Duello Al Sole, cioè al modello di ossessione statunitense per amore e morte.
In un paese dove le armi e il loro padroneggiamento è all'ordine del giorno è così che si misura tale tensione: tra sassi, sole, sabbia, sangue e pallottole. Anche se non è un western.

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