La cosa che preferisco di tutta quest'idea di fondo che sta prendendo forma alla base della trilogia di Madagascar è il fatto che gli animali in questione finiscano prima in una giungla (cioè a contatto con la natura) e poi addirittura in Africa, nella loro terra madre della quale sentono e fortemente il richiamo, ma poi non facciano che pensare a tornare nello zoo. Una prospettiva in totale antitesi con la retorica animalista che dà una lettura al film veramente interessante. Peccato che sia l'unica cosa.
Perchè la Dreamworks ha scelto una strada e sempre di più sta radicando questa scelta probabilmente con l'idea di differenziarsi dai concorrenti (è molto poco chiara per gli spettatori la differenza tra Pixar e Dreamworks, cioè quali film siano dell'uno e quali dell'altro) puntando tutto sulla comicità, e non dico appositamente "commedia", parlo proprio di comicità.
Già in Shrek questa tendenza era molto chiara, con il procedere della serie la trama e l'interesse nei risvolti tra i personaggi era sempre minore mentre sempre più importanti si facevano le gag, fino al terzo ridicolo film in cui c'è a stento un filo logico che unisce le (molte divertenti) gag quasi in stile Saturday Night Live.
Il seguito di Madagascar sembra ricalcare quest'impronta solo con un po' di esperienza in più, la storia infatti non è azzerata ma solo semplificata. Si tratta del classico confronto paterno e del contrasto tra ciò che si dovrebbe essere e ciò che si è, tra le aspettative familiari e le pulsioni individuali. Tutti temi molti noti al pubblico, facilmente riconoscibili e trattati in fretta perchè poi il cuore di tutto sono i pinguini e le scimmie, gli ippopotami "negri" e le gag delle zebre.
Come al solito poi il risultato è molto divertente anche a tratti in una maniera "adulta", cioè che prende di mira concetti, idee e fatti di cui può avere esperienza solo un adulto (come la parte sulla partenza in aereo e sul controllo anti-forbicine) senza però dimenticare la comicità più immediata per un pubblico più infantile. Insomma quell'incastro tra diversi piani di lettura comici che non è semplice e riesce bene alla Dreamworks. Ma le storie stanno da un'altra parte.
Perchè la Dreamworks ha scelto una strada e sempre di più sta radicando questa scelta probabilmente con l'idea di differenziarsi dai concorrenti (è molto poco chiara per gli spettatori la differenza tra Pixar e Dreamworks, cioè quali film siano dell'uno e quali dell'altro) puntando tutto sulla comicità, e non dico appositamente "commedia", parlo proprio di comicità.
Già in Shrek questa tendenza era molto chiara, con il procedere della serie la trama e l'interesse nei risvolti tra i personaggi era sempre minore mentre sempre più importanti si facevano le gag, fino al terzo ridicolo film in cui c'è a stento un filo logico che unisce le (molte divertenti) gag quasi in stile Saturday Night Live.
Il seguito di Madagascar sembra ricalcare quest'impronta solo con un po' di esperienza in più, la storia infatti non è azzerata ma solo semplificata. Si tratta del classico confronto paterno e del contrasto tra ciò che si dovrebbe essere e ciò che si è, tra le aspettative familiari e le pulsioni individuali. Tutti temi molti noti al pubblico, facilmente riconoscibili e trattati in fretta perchè poi il cuore di tutto sono i pinguini e le scimmie, gli ippopotami "negri" e le gag delle zebre.
Come al solito poi il risultato è molto divertente anche a tratti in una maniera "adulta", cioè che prende di mira concetti, idee e fatti di cui può avere esperienza solo un adulto (come la parte sulla partenza in aereo e sul controllo anti-forbicine) senza però dimenticare la comicità più immediata per un pubblico più infantile. Insomma quell'incastro tra diversi piani di lettura comici che non è semplice e riesce bene alla Dreamworks. Ma le storie stanno da un'altra parte.
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