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Wednesday, May 28, 2008

Sex And The City (id., 2008)di Michael Patrick King

POSTATO SU

Lo dichiaro subito: non ho mai visto un episodio di Sex & The City in vita mia. Per questo motivo da un lato sono la persona magari meno indicata per parlare del film tratto dalla serie (anzi che la chiude) ma da un altro sono come lo spettatore che vede l’adattamento di un grande romanzo senza averlo mai letto. Non farà confronti e lo giudicherà unicamente per come rende sullo schermo. E Sex & The City rende bene.

Il film, come la serie, è per forza di cose molto indirizzato ad un pubblico femminile, per intenderci mi sono sfuggite le motivazioni logiche di moltissime decisioni prese dai personaggi ma le ho accettate di buon grado come parte del “mood”. Questo è Sex & The City, prendere o lasciare, e se vuoi vedere il film questi sono i presupposti. Così ho accettato di buon grado uomini che si comportano come donne e donne che si comportano come donne che fanno gli uomini della situazione, allo stesso modo di come ho accettato l’empatia verso personaggi che girano vestiti come quelli che nella vita reale solitamente vengono indicati ridendo.

Partendo da questo Sex & The City è molto carino, indubbiamente divertente e insolitamente lungo, dove insolitamente lungo non significa “molto noioso” ma proprio lungo di durata (due ore e mezza). Un tempo in cui gli ottimi sceneggiatori hanno modo di dispiegare una grandissima quantità di temi evitando tutte le strutture fisse e i clichè delle commedie romantiche (perchè alla fine quello è il genere). Due ore e mezza che non sempre scorrono rapide ma che sono utilizzate molto bene raccontando una storia complessa e dove ogni svolta è ponderata e trattata a fondo e dove non si segue l’andamento canonico (incontro-innamoramento-scontro-riconciliazione) ma una sua variazione più interessante e che rende i colpi di scena più convincenti.

La troupe è in gran parte quella della serie, specialmente il regista/sceneggiatore Michael Patrick King, responsabile della stragrande maggioranza degli episodi della serie TV, al pari del direttore della fotografia e ovviamente dei produttori (tra i quali c’è anche la protagonista Sarah Jessica Parker), questo è una garanzia nei termini di aderenza dei personaggi. Quello che poi succede è un’ovvia variazione ed evoluzione dei temi trattati.

Non nego poi di essere rimasto affascinato da come viene dipinto un ambiente e uno stile di vita impensabile per il 97% delle persone sul pianeta, dall’arguzia e dall’intelligenza con cui è rappresentato quel segmento della popolazione che non vede di buon occhio i meno abbienti (specialmente se non caucasici) che non frequenta le zone meno alte di Manhattan e che trova vero piacere unicamente nell’acquisto (e da quel che ho saputo la serie in questo inizialmente era anche più estrema). Inoltre apprezzo molto come la serie sia indubbiamente dalla parte dei propri personaggi, senza nascondersi dietro i perbenismi e non avendo alcun timore di ridicolizzare con una punta di ironico disprezzo snob gli attivisti per i diritti degli animali che spruzzano di sangue le protagoniste impellicciate all’uscita da una sfilata.

Sex & The City è girato e mostrato con la medesima intelligente arroganza delle protagoniste che sanno cosa vogliono, che stile di vita vogliono fare e lo fanno, ma non per questo poi non sono personaggi altamente empatici, e questa volontà di rifuggire i più comuni luoghi comuni del perbenismo (abbracciandone comunque molti altri ma più appartenenti al dramma ottocentesco) a favore di personaggi più cinici e autentici pur se rappresentativi di una minuscola minoranza mi ha conquistato.

Anche gli esponenti della cupola mafiosa italoamericana del resto sono pochi e fanno uno stile di vita molto lontano dal mio che non desidero e non ammiro, ma lo stesso mi appassiono alle loro vicende quando li vedo rappresentati al cinema con coerenza e maestria senza falsi perbenismi.

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